La malattia da reflusso gastro-esofageo (MRGE) è stata per molti anni considerata una patologia conseguente alla presenza di un reflusso acido a livello di esofago e, pertanto, la terapia è stata principalmente costituita da farmaci antisecretori.
In questi ultimi anni, tuttavia, è stato osservato come il 20-40% dei pazienti con MRGE non risponda adeguatamente alla terapia con inibitori di pompa protonica (IPP), suggerendo come l’acido non rappresenti l’unico fattore patogenetico da prendere in considerazione. La MRGE è infatti una malattia multifattoriale, caratterizzata da uno o piu’ dei seguenti fattori: malfunzionamento dello sfintere esofageo inferiore, ritardo dello svuotamento gastrico, presenza di tasca acida a livello di stomaco, diminuita clearance esofageo e diminuita secrezione salivare. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, la secrezione acida gastrica risulta essere nella norma. Nei pazienti con MRGE quindi il materiale che refluisce attraverso lo sfintere esofageo inferiore non è costituito solamente da acido bensì da tutto il contenuto gastrico, inclusi cibo (soprattutto nel periodo post-prandiale), bile (reflusso duodeno-gastroesofageo) ed eventuali altre sostanze presenti. La diluizione della secrezione acida e/o la sua neutralizzazione possono dare luogo a reflusso di materiale debolmente acido o addirittura non acido.
È evidente che in questi pazienti risulta essere necessario un approccio terapeutico che preveda l’utilizzo di terapie in grado di agire su meccanismi fisiopatologici differenti rispetto all’inibizione della secrezione acida, inclusi quelli finalizzati alla difesa della mucosa esofagea che si presenta alterata, con dilatazione degli spazi intercellulari, e aumentata permeabilità.
In questo contesto si inserisce la nuova classe di dispositivi medici antireflusso con azione di protezione mucosale. Queste formulazioni localizzandosi a livello della tasca acida ne neutralizzano il contenuto, la allontanano dalla giunzione gastro-esofagea, e adsorbiscono e inattivano altri componenti del refluito quali acidi biliari e pepsina, inoltre contengono molecole, come ad esempio l’acido ialuronico, che svolgono un ruolo chiave nei processi di cicatrizzazione e di riparazione delle lesioni.
Sulla base di queste considerazioni risulta chiara l’evidenza di dover rifocalizzare le tematiche relative al trattamento delle malattie da reflusso al fine di identificare le strategie terapeutiche utili sia per migliorarne la risposta che per ottenerla in caso di inefficacia, oltre che per prolungare la remissione della malattia e ritardarne possibili ricadute.